Coronavirus all’aria aperta: cosa c’è di vero e cosa rischiamo

La situazione dell’emergenza Coronavirus in Italia sta andando avanti. In qualche modo siamo arrivati alla Fase 2, quella che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha definito di “convivenza col virus”. Mentre stiamo settando lo stile di vita nel modo giusto, gli scienziati si stanno impegnando duramente per cercare un vaccino. Ancora non si sa tutto sul Covid-19. Per esempio, stanno arrivando novità inattese sul Coronavirus all’aria aperta.
Coronavirus all’aria aperta
Ci si può infettare semplicemente respirando? Il virus del Covid-19 è trasportato dal particolato atmosferico? Arrivano (inquietanti) conferme. Lo sostiene un nuovo studio condotto dalla Sima, Società Italiana di Medicina Ambientale in collaborazione con i ricercatori dell’Università di Bari, Bologna e Trieste e dell’ateneo di Napoli Federico II.
Questo è uno spunto anche per tutto il resto del mondo degli scienziati che stanno fattivamente valutando il possibile legame tra inquinamento e Coronavirus. Ne sono stati esaminati vari aspetti ma adesso la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) sostiene che il Coronavirus sia presente nel particolato (PM).
Le dichiarazioni dell’esperto
Sulla possibilità del Coronavirus all’aria aperta parla il professor Leonardo Setti, coordinatore del gruppo di ricerca scientifica insieme ai colleghi professor Gianluigi De Gennaro e professor Miani:
Questa prima prova apre la possibilità di testare la presenza del virus sul particolato atmosferico delle nostre città nei prossimi mesi come indicatore per rilevare precocemente la ricomparsa del Coronavirus e adottare adeguate misure preventive prima dell’inizio di una nuova epidemia.
Circa un mese fa, la stessa squadra di studiosi aveva pubblicato di un Position Paper sulla possibile relazione tra l’inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione dell’epidemia da Covid-19.
Lo studio sul Coronavirus all’aria aperta
In questo studio i ricercatori avevano evidenziato:
una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10 Febbraio-29 Febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati al 3 Marzo.
E adesso la conferma sembra essere arrivata:
La prima parte della ricerca mirava espressamente a cercare la presenza dell’RNA del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico. Le prime evidenze relative alla presenza del Coronavirus sul particolato provengono da analisi eseguite su 34 campioni di PM10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d’aria per un periodo continuativo di 3 settimane, dal 21 febbraio al 13 marzo.
I risultati dell’università di Trieste
Nei campioni analizzati dall’Università di Trieste è stata notata la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame. I risultati positivi sono stati confermati su 12 diversi campioni per tutti e tre i marcatori molecolari, ossia il gene E, il gene N ed il gene RdRP, quest’ultimo altamente specifico per la presenza dell’RNA virale SARS-CoV-2. Ecco le parole del coordinatore:
Possiamo confermare di aver ragionevolmente dimostrato la presenza di RNA virale del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico rilevando la presenza di geni altamente specifici, utilizzati come marcatori molecolari del virus, in due analisi genetiche parallele.
Non solo. Secondo il team di ricerca, si tratta della prima prova che l’RNA del SARS-CoV-2 possa essere presente sul particolato suggerendo che:
in condizioni di stabilità atmosferica e alte concentrazioni di PM, le micro-goccioline infettate contenenti il coronavirus SARS-CoV-2 possano stabilizzarsi sulle particelle per creare dei cluster col particolato, aumentando la persistenza del virus nell’atmosfera come già ipotizzato sulla base di recenti ricerche internazionali. L’individuazione del virus sulle polveri potrebbe essere anche un buon marker per verificarne la diffusione negli ambienti indoor come ospedali, uffici e locali aperti al pubblico.
Le conclusioni
Per gli scienziati tutto quello che è emerso dagli studi sul Coronavirus nell’aria aperta non significa che la presenza del virus nel particolato possa essere certamente una “terza via” di contagio.
Rimane il fatto che l’accertata presenza del Covid-19 sulle polveri sottili possa essere un’informazione preziosa in vista della Fase 2.
Se tutti indossiamo le mascherine, la distanza inter-personale di 2 metri è da considerarsi ragionevolmente protettiva permettendo così alle persone di riprendere una vita sociale.
Per tutte le altre protezioni legate alla salute, invece, ti aspettiamo per illustrarti le opzioni delle nostre polizze sanitarie. Come dimostra questa storia più grande di noi, l’imprevisto può essere dietro l’angolo. L’unica cosa che possiamo fare è proteggerci, almeno, da quello che possiamo preventivare.